Nesiotikà: presentati gli importanti risultati scientifici della XIV missione di scavo a Neapolis-Nabeul (Tunisia)

Nesiotikà: presentati gli importanti risultati scientifici della XIV missione di scavo a Neapolis-Nabeul (Tunisia)

Il Consorzio UNO, anche quest’anno, ha organizzato e finanziato le attività internazionali della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dell’Università di Sassari nella sede di Oristano: si tratta delle ricerche a Neapolis, in Africa, condirette da Mounir Fantar dell’Institut National du Patrimoine e da Piergiorgio Spanu e Raimondo Zucca della scuola di Specializzazione in Beni Archeologici di Oristano.

Tra il 9 luglio e il 18 luglio si è sviluppata la XIV Missione archeologica tunisino-italiana a Neapolis (Gouvernorat di Nabeul) nel Capo Bon, tra Nabeul e Hammamet.

Agli scavi, oltre alla tutor della Scuola, Luciana Tocco, ha partecipato la specializzanda Matilde Sara Frau. Per il versante tunisino ha operato il prof Mounir Fantar, condirettore della missione, e Direttore dei Monumenti e dei Siti archeologici della Tunisia dell’Institut National du Patrimoine del Ministero degli Affari Culturali della Tunisia, e i dottori archeologi Soukaina Bessouda, Fadwa Bouhjar, l’architetto Zeineb Bchir.
Nel corso della XIII Missione archeologica, nel mese di febbraio 2019, le mareggiate avevano aggredito le dune di sabbia prospicenti il Club Med di Neapolis, mettendo a nudo una struttura rivestita in opus signinum (per l’impermeabilizzazione delle pareti e del pavimento) assolutamente sconosciuta in precedenza, ma accertata dal Prof. Mounir Fantar.
L’intervento della XIII missione aveva inoltre accertato un edificio mosaicato (forse una domus (casa) signorile).
Si era dunque programmata l’indagine su queste strutture per la XIV missione.

Il lavoro estivo è stato premiato con la scoperta del primo complesso di cisterne multiple della città di Neapolis (che prendono il nome dall’archeologo autore della scoperta: “Citernes multiples Mounir Fantar).
Di cosa si tratta?
L’approvvigionamento pubblico delle città romane poteva avvenire mediante cisterne che accoglievano l’acqua piovana (la media della pluviometria sul Capo Bon è di 500 mm /annui), oppure attraverso l’acqua recata da un acquedotto, che arrivava ad un castellum aquae, serbatoio d’arrivo del condotto, normalmente situato all’esterno della città, da cui si dipartivano le tubazioni che giungevano a cisterne multiple che distribuivano l’acqua ai vari quartieri della città.
A Cartagine, ad esempio, abbiamo il complesso delle cisterne multiple di La Malga, con una capacità di 51.000 metri cubi d’acqua; a Thugga (100 km ad ovest di Cartagine) il complesso delle cisterne di Ain Mizeb, articolato in sei serbatoi. Altre cisterne multiple sono conosciute in varie importanti città africane come la colonia di Uthica, Thapsus, Thuccabor etc.
Neapolis disponeva di un acquedotto, che prendeva avvio da Ain el-Faouara, sulle colline a nord ovest della città, individuato alla fine del XIX secolo.

Oggi conosciamo il sistema di cisterne multiple, intercomunicanti, di Neapolis, situato in un’insula (isolato di m 70 x 35) della colonia romana, disposta presso l’attuale spiaggia che occupava uno spazio di 20 metri di lunghezza per una larghezza di circa 24 metri. Attualmente sono stati scavati tre cisternoni su otto ipotizzabili tra il decumanus nord e il decumanus sud dell’insula.
Il complesso di cisterne multiple neapolitano era probabilmente al servizio del vasto quartiere circa 20 ettari, attualmente sommerso.
La domus con mosaici (denominata dall’autrice (Luciana Tocco) della scoperta Domus Lucianae) si estendeva ad est delle cisterne multiple.
Anche la domus era dotata di una cisterna semplice.

Entrambe le aree, ricadenti nella stessa insula, risultano interessate da una distruzione che potrebbe attribuirsi ad un movimento tettonico che fece inabissare i quartieri produttivi attualmente sommersi.
A sud dell’insula delle cisterne multiple e della domus Lucianae in mare si è potuta leggere una insula sommersa con il decumanus nord e il cardo est ben conservati.
Le prossime ricerche mireranno alla lettura delle varie insulae sommerse della colonia Iulia Neapolis.
Una notevole scoperta è stata effettuata in una città a nord di Neapolis, sulla costa settentrionale del promontorio del capo Bon, Missua.
A ovest del centro urbano è stato evidenziato un chiarissimo anfiteatro ellittico di m 70 x m 52, intagliato nella roccia arenacea (come quello di Karales, scavato nel calcare o quello di Sutrium nel Lazio scavato nel tufo).
L’anfiteatro presenta anche il Nemeseo (ossia il tempio della dea Nemesis, cui rendevano culto i gladiatori) intagliato nel podio meridionale dell’edificio per gli spettacoli.

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